Fabio Vullo: "Eravamo sei protagonisti fatti per stare insieme e vincere, c'era un'amalgama pazzesca. E quella sera del 7 maggio '97 resta indelebile..." Inizia oggi "Legends - Il sestetto dei sogni", una serie di interviste dedicate ai protagonisti in maglia Modena dell'anno 1996/97, una delle squadre di pallavolo piú forti di sempre.
Inizia oggi la nostra rubrica dedicata al “sestetto dei sogni”, quello che nel 1996/97 ha messo in bacheca Coppa Italia, Scudetto e Coppa dei Campioni di una Modena che i tifosi gialloblù non dimenticheranno mai. Vullo-Cuminetti, Van De Goor-Giani, Cantagalli-Bracci è un ritornello che gli amanti del volley scandiscono a memoria, un po’ come i calciofili fanno con l’Italia del Mundial ’82 di Spagna.
Il regista di quella squadra forte da far paura era Fabio Vullo, per i modenesi semplicemente “Le mani” e da lui iniziamo le interviste di quel dream team. “Quello del 1996/97 era un sestetto fatto di persone diverse, con caratteri diversi e visioni altrettanto diverse, unito da un grande comune denominatore: la voglia di vincere”. Ecco come Fabio Vullo, uno dei più grandi palleggiatori che il PalaPanini abbia visto all’opera, ricorda la squadra che ha vinto tutto a metà anni novanta e che noi ora raccontiamo sui nostri social. “Ho giocato in tante squadre che hanno fatto grandi cose, ma è difficile trovarne una che avesse un’amalgama forte come quella che c’era tra noi sei. Si è creato qualcosa di magico, è scattata quella scintilla che scatta quando metti insieme personalità differenti che si vanno a completare a vicenda”.
Partiamo dal giocatore che giocava opposto a Fabio, Juan Carlos Cuminetti: “Il mio grande compagno di camera di quegli anni, una persona dolce, diretta, sincera, uno che c’era sempre, che faceva da spalla e da primo attore a seconda delle necessità. Io che l’ho vissuto per tanti anni posso davvero dire che prima del giocatore Juan Carlos era una persona eccezionale. Con lui in posto 2 era uno spettacolo giocare. Cumi era un attaccante micidiale, ma anche un compagno terribile a muro, ti giravi, lo vedevi da dietro e ti rendevi conto faceva veramente ombra, ma tanta tanta ombra, si alzava con quelle manone e di buchi dove tirare ce n’erano proprio pochi. Al centro avevo due fenomeni come Giangio e Bas Van De Goor. Andrea aveva una capacità di salto enorme ed un pregio assoluto, sapeva dove mettere la palla e lo faceva con una costanza disarmante. Bas? Abbiamo attaccato palloni da tutte le parti del campo, ci trovavamo a occhi chiusi, “ci sentivamo” senza vederci, io arrivavo sulla palla e lui sapeva dove e quando sarebbe arrivata, che meraviglia”. Il sestetto in posto 4 vede protagonisti Luca Bazooka Cantagalli e Marco Bracci: “Che dire, difficile trovare due martelli come Luca e Marco. Bazooka continuava a chiedermi di giocargli una super, voleva attaccare una palla velocissima e corta, io però gli avevo realizzato una “nove ad hoc”, in pratica era una palla molto veloce che però aveva un po’ “di pancia”, che andava a finire un metro dentro l’asta, perfetta per Luca”. E lui? “Lui attaccava una diagonale stretta che avevano in pochi, mentre se gli chiudevi la diagonale attaccava la parallela con una facilità incredibile. Il polso di Luca lo aveva Luca e basta. Marco Bracci era una delle anime, anche a livello caratteriale, di quel gruppo. Forte, verace, a volte sfrontato, dava tutto dal primo all’ultimo punto e arrivava letteralmente svuotato a fine match, un vero leone, un giocatore pazzesco”. Bas Van De Goor ricordando quel sestetto ha detto che c’erano due trascinatori, Vullo e Bracci: “Beh che dire, un enorme grazie a Bas, sapere dei suoi complimenti mi inorgoglisce, devo dire che per caratteristiche caratteriali condivido quello che ha detto, io e Marco avevamo tante responsabilità e vedendo i risultati che sono arrivati penso abbiamo fatto tutti qualcosa di importante”. Il 7 maggio del 1997 al PalaVerde di Treviso si gioca una delle gare che sono rimaste nella storia di Modena e del volley, italiano e non solo. Era Gara4 della finale Play Off Scudetto, Treviso è avanti 2-1 e può chiudere la serie e mettere in bacheca lo Scudetto. Ma davanti a quella Sisley c’è Modena, quella Modena: “E’ impossibile dimenticare quella serata, quel martedì. Il lunedì avevo accompagnato mia moglie per un tracciato all’ospedale, aspettavamo l’arrivo di mia figlia Camilla e la data del termine era molto vicina. Sono partito per Treviso e quella notte ho dormito col telefono vicino all’orecchio per avere notizie, mi sono svegliato e ho iniziato a chiamare, ma nessuno rispondeva. Nulla, silenzio. Dopo qualche ora mio fratello mi ha detto che era nata Camilla e mio cognato per l’emozione si era dimenticato di chiamarmi. Entrai in campo quella sera emozionato, sapevo che mia moglie e la mia bimba mi guardavano, sono ricordi che mi fanno venire ancora la pelle d’oca. Abbiamo perso il primo set male, andando sotto addirittura 11-0 per la Sisley. Erano pronti a festeggiare, ma facemmo una rimonta incredibile per poi tornare sotto 13-11 nel tie-break, ma niente, noi volevamo a tutti i costi portare a casa Gara4 e lo abbiamo fatto in modo pazzesco. Nello spicchio giallo dei nostri tifosi c’era un enorme fiocco rosa che celebrava la nascita della mia Camilla, i tifosi di Modena sono unici, lo sanno tutti nel mondo dello sport”. A capo di quel sestetto terribile c’era un condottiero, Daniele Bagnoli: “Un grande tecnico, uno che sapeva tantissimo di pallavolo, maniacale nello studiare noi e gli avversari, mi ricordo le sue nottate in ufficio a guardare vhs senza sosta. Con Daniele ho lavorato a Modena e poi a Treviso, abbiamo condiviso grandi vittorie e sconfitte pesanti, un vero e proprio punto di riferimento”