Marco Bracci: "Bagnoli era un mito, Giani rimaneva sospeso in aria. Con Padova in quell'ultima di campionato..."
È nato a Fucecchio il 23 agosto del 1966 ed è unanimemente riconosciuto dai compagni di squadra di quella Modena straordinaria che vinse tutto nel 1996/97 come “il trascinatore”.
Marco Bracci arriva sotto la Ghirlandina nel 1994 e oltre a lui il Presidente Vandelli a Modena in quell’anno porta anche Fabio Vullo e Bas Van De Goor.
Schiacciatore di classe e carattere assoluti, Bracci è stato una delle anime di quella squadra: “Quel gruppo – spiega il bomber che prima di Modena aveva fatto impazzire Parma – aveva una grande caparbietà nel cercare il risultato, una caparbietà che andava oltre ogni limite. Un esempio? Sarò ripetitivo, ma la gara 4 in cui partiamo 11-1 Sisley e poi ribaltiamo set e match resta indelebile. Poi, in casa, in gara 5 siamo andati sotto 4-0, arriva il time out di Bagnoli che molto tranquillo ci disse “iniziamo a giocare anche noi oggi?”. E si, abbiamo cominciato a giocare e abbiamo vinto 3-0, asfaltandoli clamorosamente. L’aspetto importante di quella serie fu che tra gara 4 e gara 5 venne dato un giorno in più di riposo rispetto a quelli canonici che ci sono nei playoff. E quel giorno in più, sicuramente, ci fece bene dal punto di vista mentale per digerire la sconfitta casalinga, il resto è storia”.
Fabio Vullo e Marco Bracci erano le due anime di quella squadra, come dicono i tuoi compagni? “Avevamo un modo di giocare e di stare in campo che veniva assimilato anche dagli altri, intendiamoci, i miei compagni non erano meno forti, perché ognuno ha fatto il suo e tutti ci siamo espressi al massimo delle potenzialità e per questo siamo riusciti a vincere, ma c’è chi in certi momenti caratterialmente riesce ad aiutare di più chi ha a fianco. In una di quelle stagioni abbiamo giocato l’ultima gara della Regular Season a Padova, eravamo già primi e per noi non contava per la classifica, mentre Padova con una vittoria si sarebbe salvata. Abbiamo giocato con tutti i titolari in campo, ma andammo sul 2-0 per loro. Al cambio di campo feci saltare tutto quello che c’era vicino alla panchina, non volevo perdere perché poi la gente non avrebbe creduto che noi effettivamente c’eravamo impegnati e saremmo stati etichettati come quelli che volevano far salvare Padova. Dissi che era una macchia che non dovevamo avere e bisognava tornare in campo come se fosse una partita playoff. Ribaltammo tutto e alla fine vincemmo 3-2. Il presidente di Padova, a fine partita, venne da me e mi disse ‘sei proprio un bastardo, ma ti do la mano perché siete riusciti a vincere grazie alla tua reazione e alla tua professionalità, ed è giusto così”.
Al tuo fianco c’era Luca Cantagalli. “Luca era sempre molto composto e tranquillo (ride ndr). Siamo molto amici, ci vediamo spesso in Sardegna e anche le nostre mogli si conoscono da una vita e sono amiche. Quando in campo, oltre che colleghi, si riesce ad essere anche amici è tutto molto piacevole e fa bene alla squadra. Che poi Luca fosse un fenomeno non devo certo ricordarlo io, lo sanno tutti”.
Al centro di quella squadra c’era Fabio Vullo: “Una persona molta decisa, diretta consapevole di essere uno dei palleggiatori più forti in Italia e nel mondo. L’atleta sa che deve sempre dimostrare e Fabio dimostrava in ogni gara di essere straordinario. Dava ritmo, era un palleggiatore a tutto tondo con qualità non comuni”.
Opposto a Fabio Vullo c’era Juan Carlos Cuminetti. “L’argentino non argentino, era una persona che sembrava non venisse da un altro stato. Non ha fatto nessuna fatica ad inserirsi nel gruppo. Un ragazzo bravissimo nella vita quotidiana, un giocatore incredibilmente forte. Saltava tantissimo, bravissimo in attacco, forte in battuta, a muro faceva ombra all’avversario, ma non difendeva un pallone neanche a piangere in arabo (ride, ndr)”. Al centro Andrea Giani e Bas Van de Goor: “Giani è un mio carissimo compagno di mille avventure, non solo con Modena, ma prima con Parma e anche con la Nazionale. Bastava guardarsi negli occhi e ci si capiva. Bas è arrivato giovane e da noi continuò la sua crescita tecnica e tattica. Giani era molto eclettico, saltava tantissimo e prima di tornare giù rimaneva fermo in aria. Nel corso degli anni ha cambiato ruolo, si è messo a fare l’opposto perché da centrale si trovava davanti degli atleti di oltre due metri e nella seconda parte di carriera avrebbe forse fatto fatica. Io ho avuto il piacere e la fortuna di giocare sempre in squadre molto forti con grandi campioni, Bas era uno dei centrali più forti in assoluto al mondo e infatti giocava a Modena, che era il top”.
Che allenatore era Daniele Bagnoli e che rapporto c’era? “Daniele Bagnoli è stato un mito. Non aveva allenato squadre di altissimo livello e l’anno prima che arrivassimo tutti noi allenò Modena in A1 e riuscì a vincere la Coppa Italia. Ha saputo subito dimostrare di che pasta era fatto. L’anno seguente ebbe un grave incidente e dopo in panchina ci andò Franco Bertoli. Noi eravamo pronti per iniziare un percorso che aveva come prima tappa importante la Coppa Italia a Roma. Durante la stagione perdemmo a Treviso perciò eravamo la seconda forza del campionato, ma a Roma, quando contava, vincemmo noi. Questo significa che, da settembre alla Coppa Italia giocata a marzo, eravamo cresciuti e maturati. La vittoria della Coppa Italia, prima dei playoff, ci diede fiducia e grazie anche a quella fiducia vincemmo anche Scudetto e Coppa Campioni”.